Sentenze e leggi: il mancato rispetto per la scienza

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Rispetto a tre recenti sentenze giudiziarie correlate alla scienza i media nazionali, cavalcando l’onda del consenso sociale, hanno espresso una interpretazione pressoché univoca: finalmente giustizia è fatta per pazienti, cittadini e animali!

Di tutt’altro avviso la prestigiosa rivista Nature che il 1 novembre, collegando sapientemente le tre sentenze, ha espresso l’imbarazzo della comunità scientifica internazionale e tratteggiato un quadro poco edificante dell’atteggiamento distorto e contraddittorio che esiste in Italia nei confronti della scienza.

 

 

  • Il 12 ottobre, la Suprema Corte di Cassazione ha imposto all’INAIL di riconoscere l’invalidità professionale a un manager bresciano, sulla base di un presunto nesso di causalità tra il tumore cerebrale di cui era affetto e il pregresso uso del cellulare per lavoro.
  • Il 22 ottobre, il giudice del tribunale de l’Aquila ha condannato a sei anni i componenti della Commissione Grandi rischi (sei scienziati e il vice direttore della Protezione civile), colpevoli sia di aver sottovalutato il rischio, sia di aver fornito informazioni «imprecise e incomplete» sul terremoto del 2009, provocando la morte di 29 persone che avrebbero potuto salvarsi se tempestivamente allertate.
  • La terza sentenza, emessa a metà luglio da un tribunale di Brescia, ha imposto la chiusura temporanea di Green Hill, un allevamento di cani beagle a Montichiari per indagare su presunti maltrattamenti sugli animali denunciati dalle organizzazioni animaliste. La Green Hill forniva cavie per i test di tossicità richiesti da istituzioni internazionali (European Medicines Agency e US Food and Drug Administration), attività regolarmente e rigorosamente controllata dalle autorità negli anni precedenti. Ovviamente, i media hanno strumentalizzato l’intera vicenda, creando una sillogia tra i presunti maltrattamenti degli animali e l’irrinunciabile necessità della sperimentazione animale che, in assenza di cavie sufficienti, costringerebbe l’Italia a importare animali dall’estero.

In Italia le decisioni dei giudici, che dovrebbero basarsi esclusivamente sulle leggi dello Stato, finiscono per essere influenzate, consapevolmente o meno, dagli umori di una società che guarda la scienza con irrazionale sospetto, non comprende le sue complessità e, in definitiva, la ignora senza rispettarla.

D’altronde, il mancato rispetto sociale per la ricerca è alimentato da vari fattori che rispecchiano il ruolo che il nostro Paese assegna alla ricerca stessa. Infatti, l’Italia investe solo il 1,26% del PIL in ricerca e sviluppo (R&D), rispetto al 2,82% della Germania e al 2% della media europea. Nel 2009, il settore R&D vantava in Italia l’equivalente di 226.000 impiegati a tempo pieno, rispetto ai 535.000 della Germania. A ciò si aggiungono l’assenza di criteri meritocratici che permettono sia nomine e promozioni in ambito accademico (con clientelismo raffinato e impunito da perpetuare generazioni familiari) sia il collocamento al vertice di numerosi enti di ricerca di  “personaggi” designati dalla politica, piuttosto che di “scienziati” di indiscussa rilevanza internazionale.

Sul versante politico i vari governi hanno introdotto una serie di riforme che, lungi dal riorganizzare il sistema in maniera definitiva, hanno cucito toppe più o meno resistenti, generando ulteriori incertezze.

Nel 2009 finalmente arriva la “riforma delle riforme” – tracciata dal governo Prodi e divenuta legge con il governo Berlusconi – finalizzata ad assegnare maggiore autonomia e responsabilità agli enti di ricerca, a introdurre un sistema indipendente per identificare candidati qualificati per ricoprire la carica di presidenti degli enti di ricerca e a istituire un’agenzia di valutazione della ricerca per assegnare i finanziamenti. L’attuazione di tale riforma ha incontrato numerose difficoltà, in particolare per i neo-designati 12 presidenti degli enti di ricerca – tra cui il Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, l’Istituto Nazionale di Astrofisica – che stanno finalizzando i nuovi statuti.

Poco più di un mese fa, il Ministro Francesco Profumo ha estratto dal cilindro del disegno della Legge di Stabilità, la proposta di provvedimento “Razionalizzazione del sistema della ricerca”, con la quale i 12 enti pubblici di ricerca vigilati dal MIUR dovrebbero essere accorpati per dare vita a un unico “Centro Nazionale delle Ricerche”. Profumo ha dichiarato, in maniera poco convincente e senza alcun piano tecnico, che la sua proposta permetterebbe un risparmio economico e favorirebbe l’accesso ai fondi europei. Inutile aggiungere che, con inestinguibile stile “vecchia guardia”, non ha consultato né la comunità scientifica, né i presidenti degli enti di ricerca.

Fortunatamente la proposta “amatoriale” di Profumo non è sopravvissuta alla prima votazione parlamentare. Infatti, dopo la levata di scudi da parte di tutti i partiti e la rivolta dei diretti interessati, nelle bozze della Legge di Stabilità la proposta esce completamente stravolta. La nuova stesura prevede una consulta ministeriale formata dai presidenti dei 12 enti di ricerca che dovrà proporre al MIUR entro il 31 gennaio 2013 una revisione generale del sistema della ricerca, ispirata a criteri di risparmio e di «governance unitaria e più efficace».

Costruire il rispetto per la scienza da parte dei giudici, della classe politica e dell’intera popolazione richiede sicuramente molto tempo, ma dopo quasi vent’anni di evidence, dopo avere letto l’editoriale di Nature (Manovre Oscure) mi sono definitivamente convinto che in Italia… non è affatto una questione di tempo!

 

Fonte: Murky manoeuvres. Nature 2012;491:7

  1. Egregio dottore,
    vengo spesso a visitare queste pagine perché lei non la pensa esattamente come me ed io ritengo opportuno il confronto con chi esprime delle posizioni diverse.
    A proposito di questo articolo vorrei fornirle uno spunto di riflessione che può rappresentare un punto di vista sicuramente “non conforme” ma che descrive la situazione del nostro Paese.

    “Nella Storia sono importanti tre cose: innanzi tutto il numero, in secondo luogo il numero e per finire il numero. Ciò significa, per esempio, che i neri che vivono in Sud Africa un giorno o l’atro finiranno certo per averla vinta, mentre è probabile che i neri Nord Americani non riusciranno mai a venire a capo di niente. Ciò vuol dire anche che la Storia non è una scienza morale; i diritti umani, la compassione, la stessa giustizia, sono tutte nozioni estranee alla Storia”.
    Con queste parole ha inizio il film del 1986, diretto da Denys Arcand:“Il declino dell’impero americano”, una pellicola che ha avuto un interessante seguito con un altro film, dello stesso regista e con gli stessi attori: “Le invasioni barbariche” film canadese del 2003 dedicato all’eutanasia.
    Dopo aver visto quel film, ho iniziato a ragionare sulla relazione tra i numeri e la storia. Questo esercizio mi ha portato a elaborare delle considerazioni dove, i numeri, rappresentano elemento fondamentale. Per quanto possa sembrare arido, questo esercizio mi ha permesso di comprendere in quale misura, i numeri possano permettere di mettere a fuoco la realtà.
    Prendiamo ad esempio i risultati elettorali alla Camera dei deputati. Possiamo affermare che erano 50.449.979 gli aventi diritto al voto, sebbene questo dato non sia riscontrato ufficialmente per la grande confusione creata intorno al numero degli elettori residenti all’estero. Sappiamo che di questi, solo 8.642.700 hanno espresso il loro consenso al Partito Democratico, la cui vittoria è stata contesa con il Movimento 5 Stelle (circostanza che ancora suscita parecchi dubbi!). Ufficialmente, questa presunta vittoria, vanta circa il 25% dei consensi, ma se mettiamo il dato in relazione agli aventi diritto, la percentuale scende al 17%!
    Da questo punto di vista, la legge dei numeri diventa impietosa perché si deve prendere atto che 15.178.439 elettori, una percentuale pari al 30% degli aventi diritto, non ha manifestato alcuna preferenza, un dato che fa, di questo “partito”, il vero vincitore delle elezioni! Saranno in molti a valutare questa circostanza come un segnale di menefreghismo, ma io invito a verificare quanti, tra questi, si sono mossi per andare a depositare una scheda bianca o per annullare la loro scheda, magari con insulti talvolta pesanti.
    I numeri ci rivelano una realtà assurda, uno stato di cose in cui, come ha affermato l’economista Luigi Zingales, siamo governati dalla “peggiocrazia”! Il giornalista Massimo Gramellini, ha dedicato un interessante articolo a questo tema, avendo il coraggio di dire che è necessario rimettere in discussione il diritto di voto. Un’affermazione forte, tanto che l’autore termina il suo articolo con un eloquente: “E adesso lapidatemi pure”.
    In realtà non mi risulta che nessuno abbia scagliato la prima pietra! Devo invece rilevare che questo tema non è per niente nuovo. “La tragedia della democrazia”, pensava il Peppone di Guareschi senza dirlo a se stesso, “è che il mio voto deve valere quanto quello dello scopino che va dove lo tira il vento ed è sempre ubriaco”. Probabilmente rischierò anch’io la lapidazione, ma non è un buon motivo per rinunciare ad esprimere delle perplessità in merito ad un sistema che chiama a decidere i cittadini manipolati da decenni di informazione assolutamente inadeguata. Sarebbe banale una simile affermazione se non supportata da elementi oggettivi. Allora mi permetto di evidenziare una circostanza precisa che, ancora una volta, è sostenuta dai numeri.
    Il 23 ottobre 2011 è una data importate, caratterizzata da eventi che raramente si condensano nella stessa giornata. Prendo in esame due notiziari diffusi dalla “rete pubblica”: Il TG1 delle 20 e il TG3 delle ore 19.
    Il primo apre con le strazianti notizie sul terremoto in Turchia, cui dedica quasi 4 minuti, i successivi 6 minuti sono riservati alla tragedia che ha visto vittima il motociclista Simoncelli. Al telespettatore sono sottoposti infine 3 minuti di servizi per informarlo che l’Italia è osservata speciale al Consiglio Europeo, a causa della crisi del nostro debito sovrano.
    Completamente diversa l’impostazione del TG3, che apre subito con quanto accaduto a Bruxeelles, dove la situazione italiana è stata addirittura accostata a quella Greca e, in sala stampa, una domanda riguardante il nostro Primo Ministro, suscita l’ilarità di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Sono più di sette i minuti dedicati a questo argomento. A seguire, per 5 minuti, il servizio sulla manifestazione pacifica anti TAV che si è svolta in Val di Susa. Solo 2 minuti per informare in merito all’incidente che ha causato la morte del motociclista Somoncelli, ed infine 2 minuti per parlare del terremoto in Turchia.
    Non è banale tutto questo, deve essere considerato anche a proposito del fatto che si tratta di testate giornalistiche della RAI, un servizio pubblico che dovrebbe fornire un’informazione adeguata e imparziale. Mi domando quanto possa influire un simile atteggiamento sull’opinione del telespettatore che, da una parte è invitato a considerarsi privilegiato, essendo ancora vivo, riparato sotto un tetto che non è crollato a causa di un evento sismico, e dall’altra i medesimi eventi sono presentati come naturali, richiamando l’attenzione sull’inadeguatezza di chi ci governa.
    Purtroppo è sistematico l’uso di questa strategia che svilisce la democrazia. In uno Stato sconvolto dal conflitto di interessi è falsata qualsiasi consultazione elettorale e non possiamo stupirci se siamo governati da forze politiche che rappresentano meno del 20% degli aventi diritto al voto e se, una schiacciante maggioranza degli italiani, palesemente manifesta la propria sfiducia nei confronti delle istituzioni.
    Francesco Boni.

  2. In effetti moltissime persone, che ora occupanoo posizioni di rielievo, provengono dal Liceo Classico che ha un’impostazione peculiare. Sul terremoto dell’aquila, bisogna dire che furono dei Fisici a far partire l’inchiesta contro la sottovalutazione col senno di poitragicomica della Commissione Grandi rischi, almeno un Fisico del CERN aveva chiaramente avvisato che vi sarebbe stato un forte terremoto

  3. Giuseppe Filippone

    Un problema da non trascurare è quello degli albi dei Consulenti Tecnici , che sono quelli che con la loro perizia giurata, di fatto, scrvono le sentenze.
    Io conosco personalmente molti colleghi medici che svolgono questa attività e conosco anche il loro livello di aggiornamento scientifico …. da brivido.

  4. Penso che “l’irrazionale sospetto per la scienza” manifestato dall’opinione pubblica italiana sia, in realtà, un più che razionale sospetto verso “gli scienziati”, i quali gestiscono comunque una rispettabile cifra che va dai 15 ai 20 miliardi di euro all’anno.
    In una società che si dice democratica, anche la scienza, soprattutto quella finanziata con soldi pubblici, deve rassegnarsi a rendere conto alla società civile di cosa progetta, di cosa fa, di come lo fa e quali risultati ottiene.
    Lo scienziato non è certamente esente da responsabilità personali e, come tutti gli individui, non deve solamente rendere conto alla sua comunità professionale di riferimento ma alla società intera cui appartiene, sia per l’eventuale cattivo uso delle risorse che gli sono state affidate sia per il valore “sociale”, oltre che scientifico, dei risultati che ottiene.
    Le risorse scarseggiano ed è tempo di individuare qualche indicatore specifico di “utilità sociale della ricerca” che possa ragionevolmente integrare il semplice conteggio del numero di pubblicazioni ed il loro IF sulla comunità scientifica, come recentemente avviene per il “bilancio sociale” che sempre più spesso si affianca al classico “bilancio economico”.

  5. Paghiamo ancora il prezzo alla prevalnte cultura idealistico-umanistica crociano-gentiliana; quella per la quale, per intenderci, le due Facoltà privilegiate, e per questo costruite da Mussolini negli anni 30 direttamente a fianco del Rettorato dell’Università La Sapienza” di Roma, sono quelle di Giurisprudenza e Lettere e Filosofia. Ben lontane, quelle di Fisica, Chimica e Ingegneria. E sulla vittoria dell’idealismo crociano sui tentativi del mondo della scienza di creare una “Nuova alleanza” tra scienza e cultura vedi “Federigo Enriques: Scienza e Razionalismo” Zanichelli 1990 con la prefazione di Ornella Pompeo Faracovi.
    Luca Cecchini, Medico, Roma.

  6. Si percepisce solo un lento progredire … verso un ritorno al medio-evo!

  7. Da non dimenticare la politica scellerata sugli IRCCS, che dovevano essere volano della ricerca sanitaria, cosiddetta traslazionale. La loro regionalizzazione è stata un disastro che ha portato ad un aumento vertiginoso dei riconoscimenti, senza peraltro l’applicazione di criteri rigorosi che ponessero, ad esempio, l’obbligo di una percentuale minima di personale impiegato al 100% in ricerca, a cui non é conseguito un adeguato aumento delle risorse. Il risultato è stato un disastro, con fondazioni dai bilanci oscuri ora sotto inchiesta, fallimenti e fusioni con ospedali che hanno messo in un angolo le attività di ricerca. Tutto questo si inserisce bene in un paese in cui la ricerca non è vista come qualcosa che può stimolare lo sviluppo ma un peso ed un costo inutili di cui liberarsi. Alla faccia delle belle parole.