L’appropriatezza (e altro) secondo Carlo Maria Martini

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“Per stabilire se un intervento medico sia appropriato non ci si può richiamare a una regola generale quasi matematica, ma occorre un attento discernimento che consideri le condizioni concrete, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti”. Così scriveva Carlo Maria Martini nel 2007 in un articolo di Ricerca e Pratica, rivista del Pensiero Scientifico Editore. 

Addio Cardinale, se dopo di Lei la Chiesa è meno “laica”… figuriamoci lo Stato!

 

Il testo è estratto dall’articolo originale; i titoli in grassetto sono stati aggiunti dall’autore del blog.

 

Inappropriatezza di timing: non tutti gli interventi sanitari vengono erogati al momento giusto

“Mentre si parla giustamente di evitare ogni forma di «accanimento terapeutico», mi pare che in Italia siamo ancora non di rado al contrario, cioè a una sorta di «negligenza terapeutica» e di «troppo lunga attesa terapeutica». Si tratta in particolare di quei casi in cui le persone devono attendere troppo a lungo prima di avere un esame che pure sarebbe necessario o abbastanza urgente, oppure di altri casi in cui le persone non vengono accolte negli ospedali per mancanza di posto o vengono comunque trascurate.”

Le diseguaglianze

“È un aspetto specifico di quella che viene talvolta definita come «malasanità» e che segnala una discriminazione nell’accesso ai servizi sanitari che per legge devono essere a disposizione di tutti allo stesso modo. Poiché infermieri e medici fanno spesso il loro dovere con grande dedizione e cortesia, si tratta perciò probabilmente di problemi di struttura e di sistemi organizzativi.”

La sanità come mercato opportunistico

“Sarebbe quindi importante trovare assetti anche istituzionali, svincolati dalle sole dinamiche del mercato, che spingono la sanità a privilegiare gli interventi medici più remunerativi e non quelli più necessari per i pazienti, che consentano di accelerare le azioni terapeutiche come pure l’esecuzione degli esami necessari.” 

La differenza tra eutanasia e astensione dall’accanimento terapeutico

“Le nuove tecnologie che permettono interventi sempre più efficaci sul corpo umano richiedono un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona. È di grandissima importanza in questo contesto distinguere tra eutanasia e astensione dall’accanimento terapeutico, due termini spesso confusi. La prima si riferisce a un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte; la seconda consiste nella «rinuncia… all’utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo» (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 471). Evitando l’accanimento terapeutico «non si vuole… procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2.278) assumendo così i limiti propri della condizione umana mortale.”

Appropriatezza degli interventi sanitari

“Il punto delicato è che per stabilire se un intervento medico sia appropriato non ci si può richiamare a una regola generale quasi matematica, da cui dedurre il comportamento adeguato, ma occorre un attento discernimento che consideri le condizioni concrete, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. In particolare non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto a lui compete – anche dal punto di vista giuridico, salvo eccezioni ben definite – di valutare se le cure che gli vengono proposte, in tali casi di eccezionale gravità, sono effettivamente proporzionate.”

Il coinvolgimento dei pazienti nelle decisioni cliniche

“Del resto questo non deve equivalere a lasciare il malato in condizione di isolamento nelle sue valutazioni e nelle sue decisioni, secondo una concezione del principio di autonomia che tende erroneamente a considerarla come assoluta. Anzi è responsabilità di tutti accompagnare chi soffre, soprattutto quando il momento della morte si avvicina. Forse sarebbe più corretto parlare non di «sospensione dei trattamenti» (e ancor meno di «staccare la spina»), ma di limitazione dei trattamenti. Risulterebbe così più chiaro che l’assistenza deve continuare, commisurandosi alle effettive esigenze della persona, assicurando per esempio la sedazione del dolore e le cure infermieristiche. Proprio in questa linea si muove la medicina palliativa, che riveste quindi una grande importanza.”

I desiderata ignorati dalla politica (e ostacolati dalla Chiesa)

“Dal punto di vista giuridico, rimane aperta l’esigenza di elaborare una normativa che, da una parte, consenta di riconoscere la possibilità del rifiuto (informato) delle cure – in quanto ritenute sproporzionate dal paziente –, dall’altra protegga il medico da eventuali accuse (come omicidio del consenziente o aiuto al suicidio), senza che questo implichi in alcun modo la legalizzazione dell’eutanasia. Un’impresa difficile, ma non impossibile.”

 

Fonte: Martini CM. Io, Welby e la morte. Ricerca e Pratica 2007;23:93-94.

 

  1. Mi è piaciuto !!!
    Mariangela