Se l’onnipresente Renato Mannheimer interrogasse i cittadini italiani sugli obiettivi della ricerca clinica, immagino che le prime tre risposte sarebbero: fare progredire le conoscenze per il bene della società, migliorare la salute delle popolazioni, scoprire tecnologie migliori per diagnosticare, prevenire e trattare le malattie.
Oggi, purtroppo, la realtà è ben diversa: infatti un’attenta analisi del mondo della ricerca biomedica, con tutti i suoi “portatori di interesse”, permette di identificare obiettivi di gran lunga meno nobili.
- I finanziatori pubblici adottano spesso complessi processi burocratici per erogare i grant, ma raramente prevedono una revisione sistematica della letteratura per dimostrare la reale necessità della ricerca proposta. Inoltre, sempre più spesso, si richiede sin dall’inizio il preventivo definitivo e dettagliato dei costi, con enorme spreco di tempo e risorse.
- Gli sponsor laici operano in contesti politici che richiedono visibilità e risultati a breve termine; di contro, le decisioni dipendono da opache valutazioni di esperti che possono richiedere anche molti mesi.
- L’industria farmaceutica e biomedicale sponsorizza la ricerca da cui, inevitabilmente, mira ad ottenere il massimo ritorno dagli investimenti.
- Le istituzioni accademiche, chiamate a una gestione sempre più “aziendale”, si concentrano sul potenziale economico della ricerca e sulle loro performance, calcolate con indici bibliometrici surrogati.
Indubbiamente la ricerca clinica costituisce un’indiscutibile leva per la crescita economica di tutti i paesi, ma considerato che i suoi obiettivi sono molto più ampi, è indispensabile ricostruirne le modalità di conduzione e di finanziamento.
- Innanzitutto, è indispensabile ricordare a noi stessi quali sono i veri obiettivi della ricerca.
- In secondo luogo, gli sponsor e tutti coloro che traggono vantaggi dalla ricerca – pazienti, professionisti sanitari, policy-makers – devono trovare le modalità per definire quali ricerche siano realmente necessarie e quale potrebbe essere il loro verosimile impatto sulla salute pubblica.
- In terzo luogo, le istituzioni accademiche dovrebbero definire criteri per valutare e ricompensare i ricercatori a lungo termine, per valutare in maniera oggettiva il reale impatto della loro ricerca.
- Infine, i ricercatori devono sempre ricordare a se stessi il motivo per cui hanno scelto di intraprendere quella carriera: devono difendere un ambiente in cui la ricerca sia condotta per il bene e la salute delle popolazioni di tutto il mondo e non come un semplice elemento delle decisioni di politica economica.
Last, but not least, una considerazione personale: chissà quanti pazienti accetterebbero di partecipare alla ricerca clinica, se sapessero realmente che quello che sottoscrivono in realtà è un… consenso disinformato!
Fonte: What is the purpose of medical research? Lancet 2013;381:347.
Da ex ricercatrice ritengo che sia indispensabile ricostruire, innanzitutto, le modalità di conduzione e di finanziamento della ricerca scientifica di base, punto di partenza per una proficua ricerca clinica. Solo così il percorso che porta dall’idea originale di un ricercatore sino al risultato (prevenzione o nuove cure) può concretamente aiutare il paziente.
Molto condivisibile quanto descritto per la ricerca clinica.
Gli organi scientifici istituzionali divrebbero descrivere gli argomenti specifici della ricerca nelle diverse discipline e una parte importante dei finanziamenti nazionali, regionali e locali dovrebbero essere devoluti a questi argomenti.
C’e poi il tema poi a comparire nelle pubblicazioni di coloro che contribuiscono con casistica alla ricerca stessa, e quello della informazione dei pazienti dell’importanza a partecipare alle ricerche cliniche se serie e ben preparate. Alberto Ravaioli