Spending review: la soddisfazione nascosta dei professionisti?

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Nelle polemiche che hanno accompagnato il doloroso processo di spending review, nessuno ha citato l’art. 6 (Qualità professionale e gestionale) del Codice di Deontologia Medica:  “il medico agisce secondo il principio di efficacia delle cure nel rispetto dell’autonomia della persona tenendo conto dell’uso appropriato delle risorse”.

Considerata l’urgenza delle misure previste dal Ministero della Salute nel processo di spending review, è inevitabile e indispensabile il coinvolgimento dei medici che non possono più lamentarsi di tagli indiscriminati se non collaborano con la loro professionalità a individuare e contenere gli sprechi evitabili.

Se, infatti, da tempo la bioetica affronta il delicato tema del contenimento dei costi inteso come “allocazione di risorse limitate”, solo di recente il dibattito si sta spostando verso l’etica della riduzione degli sprechi, un cambio di paradigma che presenta sia rilevanti implicazioni di politica sanitaria, sia una rivalutazione della responsabilità professionale sull’utilizzo appropriato delle risorse.

L’etica del razionamento poggia su due presupposti fondamentali: innanzitutto, il razionamento è richiesto quando le risorse sono limitate e la politica sanitaria deve scegliere quali servizi e prestazioni sanitarie non possono più essere garantiti; in secondo luogo, le modalità di razionamento dovrebbero sempre essere rese esplicite, mentre oggi si usano spesso metodi di razionamento implicito, non sempre equi e che prestano il fianco alle critiche più disparate.

La principale obiezione etica al razionamento è che ciascun medico, al fine di mantenere il rapporto fiduciario con il singolo paziente, finisce per soddisfarne preferenze e aspettative sempre crescenti, senza considerare i costi sostenuti dalla comunità. Tuttavia, quando le risorse si esauriscono questa obiezione è priva di senso, perché i pazienti privi di livelli essenziali di assistenza sono persone reali verso cui l’intera classe medica è obbligata a mantenere un rapporto fiduciario “collettivo”.

Oggi il dibattito etico si può risolvere solo identificando come sprechi tutti i costi sostenuti per interventi sanitari inefficaci e/o inappropriati che, oltre a non determinare alcun beneficio, spesso causano eventi avversi che generano altri costi. Infatti, le evidenze scientifiche dimostrano che questi sprechi incidono almeno per il 30% e rappresentano una delle cause principali di aumento dei costi.

Purtroppo se un tempo i medici, nel rispetto della loro integrità professionale, rifiutavano di offrire un trattamento inutile, anche quando richiesto da pazienti e familiari, oggi consistenti evidenze dimostrano che interventi sanitari inefficaci e/o inappropriati vengono prescritti non solo per le pretese dei pazienti sempre più insistenti, ma anche per decisione autonoma dei professionisti condizionata dalla resistenza al cambiamento, dai conflitti d’interesse, da prove di efficacia insufficienti o distorte.

Pertanto, se l’etica del razionamento appartiene alla politica sanitaria, l’etica della riduzione degli sprechi è indissolubilmente legata alla professionalità dei medici, perché poggia su differenti presupposti: innanzitutto, nessun paziente dovrebbe essere privato di interventi sanitari efficaci e appropriati, anche se costosi; in secondo luogo, test diagnostici e trattamenti inefficaci e/o inappropriati oltre a non determinare alcun beneficio causano spesso effetti avversi anche gravi, come nel caso dell’overdiagnosis.

Infine, esiste un aspetto di minore rilevanza etica, ma che genera spinosi interrogativi politici e sociali: la sostanziale riduzione degli interventi sanitari inefficaci e inappropriati se da un lato permette di contenere la spesa sanitaria, dall’altro riduce gli utili dell’industria biomedicale con gravi conseguenze sui posti di lavoro e sull’economia globale.

La strada che ha imboccato la politica per definire i tagli della sanità sicuramente non ha coinvolto i professionisti, ma in fondo la classe medica non può che essere soddisfatta perché, di fatto, mantiene ben salda l’autonomia di prescrivere tutto a tutti che, purtroppo, coincide con la massima libertà di sprecare il denaro pubblico in nome dell’autonomia professionale.

Fonte: Cartabellotta A. Etica della spending review: razionamento o riduzione degli sprechi? Il Sole 24 Ore Sanità 2012, 10-16 luglio. Pag.13-14

 

 

 

 

  1. Condivido il tuo articolo però mi permetto di fare un’integrazione…..Anche noi infermieri abbiamo un richiamo all’interno del nostro codice deontologico (Articolo 47)per un utilizzo equo ed appropriato delle risorse (..). Ma anche senza citare il codice credo che TUTTI dobbiamo, a seconda dei livelli di responsabilità, partecipare per un utilizzo migliore delle risorse pubbliche. Non sono lontani gli anni in cui si gestivano i materiali con superficialità e negligenza (“tanto non pago io!”); le evidenze scientifiche erano carta per abbellire gli scaffali. E’ necessario un cambiamento culturale e una maggior fiducia nell’utilità del proprio contributo (seppur piccolo!). Ciao Nino

  2. Angelo Miraglia

    L’autonomia professionale dei medici ha dei limiti di sistema e dovrebbe esercitarsi nel rispetto di regole. Non a caso l’art. 15-decies del D.L. 229 del 1999 parla di “obbligo di appropriatezza”… Limiti imposti dal SSN e dallo scenario di quasi-default del Sistema Italia. In privato i medici indipendentisti possono fare quello che vogliono…

  3. …anche se presto la tecnologia potrà consentire l’attivazione di strumenti di “controllo” o di “blocco” di eventuali prestazioni diagnostiche inappropriate o ridondanti da parte di appartenenti alla classe medica responsabili di sprechi e overdiagnosis. Mi dispiace ma questo non si puó piú accettare, neanche in nome dell’autonomia professionale. Un caro saluto zio Nino!

  4. Condivido…ma….. Un nodo grande è quello che citi anche tu “Purtroppo se un tempo i medici, nel rispetto della loro integrità professionale, rifiutavano di offrire un trattamento inutile, anche quando richiesto da pazienti e familiari, oggi consistenti evidenze dimostrano che interventi sanitari inefficaci e/o inappropriati vengono prescritti non solo per le pretese dei pazienti sempre più insistenti”…… Non dimentichiamo che le denunce sono sempre in bocca di tutti! Spesso il cittadino ha letto di un tale esame, o l’ha sentito dire dalla vicina di casa…e quindi lo esige (tanto da far dire che da paziente si è passati alla locuzione esigente)! Andrebbe, pertanto, rivisto il rapporto di fiducia medico-paziente che nel tempo si è affievolito (e in quento momento di disagio economico può strumentalmente “affievolirsi”ancor più!…vedi l’intensificarsi della strategia della medicina difensiva…. Fosse possibile sarebbere necessario RESETTARE l’intero sistema! Grazie

  5. Monica Lanzoni

    Sono completamente d’accordo ma….purtroppo molti operatori della sanita’ (non solo i medici) sono assolutamente autoreferenziali e poco confidenti con gli strumenti del governo clinico che potrebbero aiutarli a ripensare i percorsi assistenziali in un’ottica di appropriatezza, efficienza ed efficacia. Quindi la soddisfazione nascosta penso sara’ di pochi.

    Speriamo che noi che di questo ci occupiamo da anni non si venga tirati in mezzo in questa frenesia dove si vuole tutto e subito, senza coltivare il substrato culturale degli operatori, la comunicazione con gli utenti e dove il rischio di non fare il bene dei pazienti c’e’

  6. Gabriele Manzi

    Non posso non essere d’accordo con Nino. Aggiungo però un’altra considerazione riguardo i costi nella/della sanità: è necessario considerare anche i costi non sanitari indiretti conseguenti la prescrizione di test diagnostici e trattamenti inefficaci e/o inappropriati. Non fra ultimi i costi sostenuti dalle ASL per i contenziosi che vengono aperti in seguito a richiesta di risarcimenti. E volendo esagerare, i costi sostenuti per “difendere i propri operatori” nelle azioni in sede civile e penale; costi in questo caso che vanno ad aggiungersi ai costi della giustizia.

  7. Condivido tutto dell’articolo che hai scritto, caro Nino . Aggiungerei solo un’ultima considerazione, quasi una postilla (ma che tale non è) alla frase “la sostanziale riduzione degli interventi sanitari inefficaci e inappropriati se da un lato permette di contenere la spesa sanitaria, dall’altro riduce gli utili dell’industria biomedicale con gravi conseguenze sui posti di lavoro e sull’economia globale.” Forse quell’industria biomedicale, nel momento in cui si è lanciata nel mercato non ha considerato il cosiddetto ‘rischio d’impresa’? E’ forse il ssn il garante di tale rischio, dal momento che un calo delle vendite o della produzione di utili per i servizi dell’impresa potrebbe portare al licenziamento di tanti onesti lavoratori? E’ etica questa? A furia di farci domande simili, abbiamo chiuso occhi, turato il naso e le orecchie per non sentire il marcio che c’era intorno a noi in tutti questi anni.

  8. E’ giusto che anche i medici si pongano il problema della spesa sanitaria, troppi sono gli sprechi per prescrizioni inutili, di farmaci ed esami di ogni genere. Questa crisi dovrebbe essere uno stimolo per cambiare abitudini e modi di agire, i medici dovrebbero fare questo mestiere e non quello di semplici esecutori di richieste da parte dei pazienti che il più delle volte non hanno nessun razionale, ci si piega solo per non perdere il “cliente” dire paziente oggi non è politicamente corretto, giochiamo con le parole ma anche con le azioni

  9. Spending review… spero non sia come tagliare TUTTA l’erba di un giardino che per metà era già rasato..
    Si corre il rischio di perdere tempo per tagliare l’indispensabile e di sfoltire appena il superfluo.
    L’erba va tagliata SOLO dove è alta!
    Caro giardiniere, stai attento all’altezza della lama!

  10. Gennaro Ruberto

    Il settore sanitario,rappresenta il terzo pilastro dell’economia italiana e non,primol’alimentare,poi le costruzioni terzo la sanità,vorrà dire qualcosa.Questo deve fare riflettere molto tutti quanti,professionisti della sanità e professionisti di altri settori……..La sanità muove una montagna di soldi sia im amniera diretta che indiretta.Qualche esempio Continiamo ad erogare a carico del SSN le cure termali,inalazioni, fanghi, bagni,ecc……..
    Servono…..Interroghiamoci.Che si interroghini gli assesori alla sanità delle regioni…

  11. Caro Nino, come sempre non posso che concordare con quanto scrivi su etica ed appropriatezza in relazione alla quistione della spending review. Fai un discorso “professionale” ed è giusto che sia così, ma sappiamo entrambi che si potrebbe partire da molto lontano e conseguire risultati ancora migliori. Mi riferisco al modello di organizzazione sanitaria, e soprattutto al rapporto con la politica. Quante unità operative inutili se non dannose si potrebbero abolire con guadagno sui livelli di salute dei cittadini? Quanto si potrebbe risparmiare adottando i costi standard? E quanto tagliando le consulenze inutili ed apparati amministrativi pletorici?

  12. Cecilia Sironi

    I completely agree with your views! Spero che questo dibattito resti vivo: urge intervenire ed è vero che tutti i professionisti sanitari sono coinvolti. Il dibattito su numero, non-impiego (stop alle assunzioni pur con organici rosicchiati…) o inefficiente impiego, sotto-utilizzo e assenza di valorizzazione del personale infermieristico si situa in questo filone di discussione.

  13. di revisione della spesa pubblica ne parliamo tanto, ne ascoltiamo tanto…
    questo suo articolo Dott Cartabellotta in cui richiama all’etica fa molto riflettere, in un mondo in cui i valori sociali, il rispetto pare abbiano perso di significato…
    l’etica coinvolge tutti, politici, pazienti e in primis i professionisti “della salute”, coloro che dovrebbero perseguire non solo gli interessi del singolo, ma tener conto sempre del bene comune e quindi utilizzare al meglio le risorse della comunità, evitando sprechi e cure inutili o non di comprovata efficacia, per meglio utilizzare le risorse “distribuendole” in tal modo su più casi con maggiore equità (fairness)
    purtroppo anche la salute è diventata un bene “consumistico”, perchè bisogna non invecchiare, non ammalarsi, non si accettano riduzioni di potenzialità fisiologiche NON si accetta che la morte (NON la sofferenza) fa parte della vita
    Evita

  14. Il razionamento della spesa sanitaria è un giusto concetto. Il problema è che essendo affidato alle rispettive politiche regionali, a volte si risparmia dove non si dovrebbe e si costruisce qualcosa di nuovo che a volte è unutile per il paziente.
    La meritrocrazia e soprattutto le competenze dovrebbero essere un altro importante punto per la razionalizazzione della spesa sanitaria