Il paziente soddisfatto costa troppo e sta peggio

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Secondo la definizione dell’Institute of Medicine, l’assistenza centrata sul paziente “rispetta le preferenze, i bisogni e i valori del paziente individuale e assicura che siano tali valori a guidare tutte le decisioni cliniche”.

La soddisfazione del paziente è un concetto differente che affonda le radici nel mercato dei consumatori (customer satisfation) e misura quanto i prodotti o i servizi soddisfano le aspettative del cliente.

Ma quali relazioni collegano la soddisfazione del paziente con la sua centralità nel processo assistenziale e, soprattutto, con i risultati clinici? In particolare, i pazienti molto soddisfatti ricevono un’assistenza sanitaria migliore con esiti di salute più favorevoli, rispetto a quelli insoddisfatti? Una recente revisione sistematica e uno studio successivo condotto su oltre 50.000 pazienti hanno messo in discussione la soddisfazione del paziente quale misura di qualità dell’assistenza: infatti, i pazienti molto soddisfatti generano costi maggiori, hanno risultati clinici peggiori, ma valutano eccellente il proprio status di salute!

La plausibile spiegazione di questo paradosso è che i medici, nel tentativo di soddisfare i loro pazienti, tendono ad esaudire tutte le loro richieste prescrivendo un numero sempre maggiore di test diagnostici e farmaci. Considerato che l’effetto induttivo delle richieste dei pazienti sulle prescrizioni mediche è ben documentato, i pazienti più insistenti conquistano troppe prescrizioni diagnostico-terapeutiche che, oltre a incrementare i costi, danneggiano la loro salute.

Oggi, infatti, la soddisfazione di un paziente sempre più consumatore è legata all’accesso tempestivo e opportunistico a servizi e prestazioni sanitarie, senza tener conto della loro reale utilità e, ancor meno, dei costi sostenuti dal sistema. Quando le evidenze scientifiche non supportano le richieste del paziente, il medico ha il dovere professionale di rifiutarle, consapevole che la mancata prescrizione può generare insoddisfazione. Purtroppo, in pratica, quando la valutazione della sua professionalità e i suoi compensi dipendono dalla soddisfazione del paziente, il medico calibra il processo decisionale sulla qualità percepita e cede alla prescrizione in eccesso di interventi diagnostici (overdiagnosis) e terapeutici (overtreatment), senza valutare adeguatamente sicurezza, efficacia e appropriatezza.

A dispetto della diffusione ubiquitaria e della fiducia incondizionata di tutte le organizzazioni sanitarie che investono tempo e denaro nella valutazione della customer satisfation, le evidenze scientifiche confermano che la soddisfazione dei pazienti non è una misura adeguata per valutare la qualità dell’assistenza.

Se in realtà viene usata dalle aziende sanitarie pubbliche e private per alimentare e sostenere il consumismo sanitario… è sicuramente uno strumento evidence-based, perché le performance finanziarie sono di fatto influenzate dalla catena soddisfazione-profitti!

 

Fonte. Cartabellotta A. Il paziente è soddisfatto? Sì, ma costa troppo e sta peggio. Evidence 2012;4(3): e1000010

  1. Caro Nino, ritengo che rilevare la qualità percepita dagli utenti consenta di avere preziose informazioni.In realtà penso dovrebbero esserci medici con maggiore autorevolezza nel gestire le prescrizioni diagnostiche e terapeutiche, pronti a motivare le proprie prescrizioni /non prescrizioni. Il cittadino è sempre più un punto di riferimento nei sistemi qualità dei ns ospedali e fonte autorevole di dati utili per il monitoraggio delle prestazioni. A presto.

  2. Luca scaldaferri

    Caro Nino, vivismo questa realtà quotidianamente in Pronoto Soccorso. Per quanto ci si voglia approcciare con metodo clinico ad un caso, ad un paziente, ad un sano che vuole essere malato, non c’é quasi mai verso di convincere l’utente (e spesso i signori medici) dell’inutilità se non della pericolosità dell’overdiagnosis.

    Mi piacerebbe leggere una riflessione da parte tua (quindi dal punto di vista diciamo “ebm”)su cosa può offrire oggigiorno al medico clinico il metodo: anamnesi, esame obiettivo. Quale lo spazio degli “esami”: continuano ad essere elementi di completamento per il quesito clinico che nei primi passaggi il medico va formulando? Possono sostituire l’approccio “classico”? Quali sono le evidenze a supporto della metodologia clinica?
    Una lettura che in questo senso mi ha molto colpito e che consiglio é “Ogni paziente racconta la sua storia” di Lisa Sanders.

  3. piersante sestini

    Bisogna vedere cosa/come si misura: la soddisfazione dell’incontro clinico misura anche la qualità della comunicazione, che è un aspetto essenziale e drammaticamente trascurato (a partire dal sistema della formazione) della qualità dell’assistenza.

    Fra l’altro, la qualità della comunicazione l’unico strumento efficace per combattere la medicina difensiva e le sue conseguenze.

  4. giuseppe centineo

    caro Nino, ciò che metti in evidenza è la realtà ma in 15 anni di mmg assisto giornalmente alla impossibilità di mettere in pratica ciò che tu dici(infatti non riesco a superare le 1100 scelte). Se il paziente può cambiare medico anche 20 volte al giorno capirai che prima o poi troverà il modo di eseguire quanto da lui richiesto anche senza alcuna evidenza che ciò serva alla sua salute.Un esempio il PSA: sai quanti pazienti ultra 75 enni che hanno sempre avuto valori normali (cioè inferiori all’unità) si ostinano a chiederti il dosaggio annualmente? Il sistema va regolamentato mediante processi di crescita culturale obbligatoria per il personale sanitario in modo da seguire comportamenti non difformi e sopratutto adoperare un unico linguaggio al fine di capirci. Si deve inoltre inserire un sistema premiante ma anche punente per ogni figura sanitaria. Chi dice che io dopo 28 anni di Medicina so ancora fare il Medico nel vero senso della parola???