La signora Maria consulta un ortopedico per un fastidioso dolore all’anca insorto da qualche mese: il chirurgo non ritiene necessario un intervento e invia la paziente al reumatologo che, in assenza di malattie infiammatorie, la indirizza a un fisiatra che, a sua volta, decide di affidarla a un terapista della riabilitazione il quale, finalmente, inizia la terapia.
Ciascun professionista è stato competente, appropriato e autorevole, ma la signora Maria è stata trasformata in un pacco sballottato, assillato, frustrato e, verosimilmente anche impoverito.
Ma oggi qual è la giusta relazione tra il sapere del medico e l’esperienza di malattia del paziente? Tra le conoscenze scientifiche e il sentirsi ammalato? Tra la visione specialistica e quella generalista? Tra il bisogno di salute e la domanda di servizi e prestazioni sanitarie? Tra la guarigione (cure) e l’assistenza (care)?
Tra questi interrogativi si è fatto largo il movimento della Medicina centrata sul paziente, secondo la quale il medico dovrebbe essere esclusivamente guidato da esigenze, aspettative e capricciose pretese del singolo paziente. Come uno slogan retorico, la patient-centered medicine ha progressivamente assunto posizioni in netto contrasto, oltre che con tutto quanto doctor-centered, con numerosi aspetti etici, organizzativi ed economici che influenzano inevitabilmente l’assistenza sanitaria.
Ma forse la medicina centrata sul paziente è solo una metafora: infatti, patient-centered contrasta con doctor-centered, sostituendo al tolemaico universo che ruota attorno al medico una galassia copernicana che gira intorno al paziente. In realtà si tratta di una metafora imperfetta perché paziente e medico dovrebbero convivere strettamente connessi in una mutua relazione terapeutica, sociale ed economica, dove i due protagonisti si incontrano alla pari, ciascuno con le proprie conoscenze, esigenze e preoccupazioni, senza mai però rivendicare nessuna posizione di centralità.
Per tale ragione, quale metafora per rafforzare l’alleanza tra paziente e medico, piuttosto che la patient-centered medicine, meglio pensare a una coppia di stelle che ruotano attorno a un comune centro di gravità, a una doppia elica o – volendo tornare alle origini della medicina – al caduceo, dove due serpenti si intrecciano per sempre in maniera indissolubile!
Beh, anche il calcio è uno sport centrato sul pallone
Quanto al paradigma che mette assieme il punto di vista di medico e paziente, è l’EBM, of course, specie dopo l’incontro con la medicina narrativa (ma anche prima, se uno leggeva bene)
Visitare, mettere le mani sul paziente, raccogliere l’anamnesi, eseguire test funzionali mirati, orientarsi verso specifici e sensibili esami diagnostici, dedicare tempo, ma soprattutto ASCOLTARE,il paziente. In sintesi recuperare il rapporto medico-paziente, creare alleanza, patto di fiducia, governare, monitorare il percorso diagnostico-terapeutico.
concordo pienamente con quanto detto da mariangela dardani