Interviste: dal taccuino al registratore e… oltre

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Sino alla fine degli anni Cinquanta il giornalista utilizzava esclusivamente il proprio taccuino e l’intervistato doveva necessariamente fidarsi dell’onestà professionale del giornalista.

Con l’avvento del registratore si sperava che fissando il contenuto dell’intervista su un supporto magnetico potesse risolversi la mancata corrispondenza tra quanto dichiarato e quanto pubblicato.

Ma Gabriel García Márquez arguiva che: « L’utilizzo professionale ed etico del registratore è ancora da inventare. Qualcuno dovrebbe insegnare ai giornalisti che non è un sostituto della memoria, ma un’evoluzione dell’umile blocco per gli appunti che ha prestato un così buon servizio alle origini del mestiere. Il registratore sente ma non ascolta, registra ma non pensa, è fedele ma non ha cuore, e alla fine dei conti la sua versione letterale non sarà altrettanto affidabile di quella di chi fa attenzione alle parole vive dell’interlocutore, le valuta con la sua intelligenza e le giudica con la sua morale».

Oggi l’avvento di Internet ha messo a disposizione dei giornalisti un variegato caleidoscopio di strumenti, ma in barba alla mia indole ipertecnologica, per azzerare ogni possibile fraintendimento preferisco… domande e risposte per iscritto!

Eccessiva prudenza o saggia scelta?

A voi il compito di giudicare leggendo Formazione continua, ricerca e politiche sanitarie sotto il segno dell’EBM, l’intervista che apre l’ultimo numero della rivista CARE (Costi dell’Assistenza e Risorse Economiche), edita dal Pensiero Scientifico Editore.

Per leggere il testo completo: www.careonline.it/wp-content/uploads/2011/09/Incontri.pdf

 

  1. amelia beltramini

    Lo so, non è facile il rapporto fra giornalisti e ricercatori. Noi giornalisti, con l’acqua alla gola, chiediamo aiuto a un ricercatore, il quale spiega, spesso con aulico dire, e a noi tocca tradurre, volgarizzare, rendere semplice. Il cattedratico si sente sminuito dal parlare piano, comprensibile: il Manzoni su quello stampo ci ha regalato l’azzeccagarbugli. Ma anche la stampa ha l’obbligo di essere democratica, e scrivere comprensibile, in modo da poter essere letta da chi ha fatto la scuola dell’obbligo: terza media di oggi. Come rimediare? Dando l’intervista prima possibile, in modo che ci sia tempo per modificare il testo. Parlando in modo comprensibile con esempi concreti e dati. Chiedere di poter rileggere il proprio virgolettato (è un diritto). Correggere senza stravolgere. L’esperienza insegna che chiacchierare con un esperto è il modo migliore per cogliere il nocciolo dei problemi. Le domande e risposte prefissate ingabbiano e spesso non dicono nulla di nuovo. Mi dispiace ma a parer mio domande e risposte scritte sono la morte dell’informazione.